START – Street Art Fest, una maratona di quattro giorni che ha celebrato le diverse espressioni della cultura “urban”. Street artist coinvolti: il portoghese Vhils, Roa dal Belgio, gli italiani Etnik e Pixel Pancho, dalla Polonia Chazme e Sepe, l’olandese Zedz e infine il duo svizzero Nevercrew. A curare la realizzazione delle opere è stata la galleria torinese Square23, con la quale tutti gli artisti avevano precedentemente collaborato. Ma inziamo subito la visita di START! All’entrata ci accoglie l’imponente opera di Zedz, che intreccia colori e linee in una geometria imprevedibile. Nell’opera è inoltre ben nascosto il lettering del nome dell’artista, realizzato seguendo un’originale ricerca in cui le lettere vengono trattate al pari di strutture archiettoniche. Riuscite a scovarlo? Superato l’ingresso, sulla sinistra ci accolgono le opere di Roa ed Etnik. START - EtnikSebbene l’identità di Roa rimanga un mistero, il suo stile di certo è inconfondibile: l’artista dipinge giganteschi animali rigorosamente in bianco e nero, a volte esponendone lo scheletro o gli organi interni. La scelta del soggetto dipende dalla fauna tipica del luogo in cui realizza l’opera e per Milano sembrerebbe essere un piccolo roditore. Forse una marmotta? Ai visitatori non resta che scoprirlo. Accanto al bianco e nero dell’opera di Roa, risaltano vivacissimi i colori di Etnik, in un contrasto che stupisce e cattura lo spettatore. Negli ultimi anni la ricerca di questo artista si è sviluppata attorno al tema della città moderna come “gabbia urbana”. Per questo ritrae la natura, rappresentata dal tronco di un albero, mentre viene inglobata violentemente da pesanti blocchi di cemento, che finiscono per disintegrarla. Proseguendo verso l’angolo opposto dell’arena, ecco che troviamo raggruppate le opere di tutti gli altri artisti. Innanzitutto quella di Vhils, che in tre giorni ha realizzato questo incredibile ritratto, avvalendosi solo di un martello pneumatico per scavare il muro. L’artista sceglie i suoi soggetti tra le persone comuni, tra gli sconosciuti che incontra per strada. Ma sono sempre volti che per la loro intensità hanno una qualche storia da raccontare. Accanto a Vhils, a sinistra e a destra, due opere degli artisti conosciuti come Nevercrew. La prima è una raffigurazione di un capodoglio intrappolato in un enorme blocco di ghiaccio. Sfruttando la tridimensionalità della superficie su cui hanno dipinto, gli artisti ci offrono una doppia prospettiva del cetaceo, contribuendo ancor di più all’incredibile realismo del soggetto. Nevercrew by Square23 La seconda opera fa invece parte della serie Augmented Reality, che combina tecnologia e visione artistica. Scaricando un’apposita app e inquadrando poi l’immagine dell’astronauta, ecco che all’opera si aggiungeranno dettagli visivi e sonori…ma non vogliamo rovinarvi la sorpresa. Dovrete sperimentare con i vostri occhi! Le opere di Nevercrew sono spesso una commistione di più elementi, dagli ingranaggi agli animali marini. Cetacei e asteroidi sono un tema ricorrente, per ricordare all’uomo che nonostante il galoppante progresso tecnologico non riuscirà mai a raggiungere le loro profondità o le loro altezze. Proprio di fronte all’opera di Nevercrew, si staglia l’immensa opera corale di Chazme e Sepe. I due artisti collaborano spesso, riuscendo ad amalgamare e a combinare due stili diversissimi in un risultato d’impatto incredibile. Il lavoro di Sepe, maggiormente figurativo, risente dell’influenza di illustratori e pittori soprattutto polacchi. I soggetti che dipinge sono distorti, grotteschi, deformati ma al tempo stesso intensissimi. Il tratto di Chazme, invece, si contappone con tutta la forza di una geometria aguzza e monolitica. È una critica feroce alla pianificazione urbanistica e architettonica delle città, che i passanti sono invitati a osservare e decifrare e possibilmente anche a combattere. Pixel Pancho Infine, accanto al palco, ecco l’opera di Pixel Pancho, che raffigura un soggetto tipico di questo street artist: un robot. Ma lontano dall’offrirne una rappresentazione futuristica e distopica, le immagini di Pixel Pancho rievocano piuttosto un senso di nostalgia, di disfacimento. Così lo spettatore è invitato a entrare in questo regno surreale, dove la distanza che separa robot ed esseri umani si assottiglia sempre più, diventando difficile da individuare. [robo-gallery id=”7415″] A questo punto, non resta che lasciarvi a un ultimo video, che racconta bene cosa sia stato il weekend dello Street Art Fest. Ricordate che le opere rimarranno all’Assago Summer Arena .
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